settembre 2023

NOTA REDAZIONALE

a cura del Direttore Mario Romano

 

         Il cuore non invecchia e, nel caso di Maria Pia Zappa – neppure il corpo e la mente !

        Una vivacità psicologica ed un amore per la vita sono la caratteristica di questa novantenne (nella foto) che porta i suoi anni con  invidiabile  piglio giovanile !

       Incontrarla, nel nostro breve soggiorno telesino e intrattenersi con lei in amabile conversazione - durante la quale ci ha recitato una delle sue liriche in lingua napoletana - è  stato un dono che ci piace condividere con i nostri lettori.                  

A PREGHIERA E’ NA MAMMA 

 di MARIA PIA ZAPPA

 

"Quann si picerillo e te fai male /

curr addò a mamma  pe te fa sanà /

basta nu vas  e tu tutt’ cuntient /

felice tuorn a ridere e a pazzià/

Po’ te fai  grussiciell, ciannascunn /

vuò fa’ l’umniell, te vuò attiggià /

ma chella allora te capisce u stess’/

e  zittu zitt’ cerc’ e t’aiutà/

Ma quanno po’ si n’omme e affrunt’ a vita / ,

cu tutt’ e gioie e pene e infamità /,

chella te guarda e non te po’ fa niente /,

cu stu dulore impiett’ adda campà /,

tutt’ sti spine che tu tiene arente /

a una a’ vota te vularria tirà /,

se pogne e mane, chiagne amaramente /

e corre addò a’ Madonna e a va a prià /"

Madonna mia, tu me può aiutà !/

A mamma celeste, cu chill’uocchie triste/

pare che dice “ Ma te l’e scurdate /

chell’ che m’hanno fatto a me /;

me l’hanno cundannat’ ingiustamente / ,

ngopp’ a’ na crocia l’hann’ fatt murì !”/

Povera mamma mia, Ti cerco scusa /

, ma Tu stai là o’ munn’ a verità /

 e ioTe  chiamm semp, ogni mument’ /,

damma sta fede aiutame a campà !


ottobre 2022

CARDITELLO, UNA PERLA DIMENTICATA

La Reggia di Carditello, più propriamente denominata Reale tenuta di Carditello, è un sito alla periferia del Comune di San Tammaro (in provincia di Caserta),appartenuta ai Borbone delle Due Sicilie ( Carlo e Ferdinando IV) che la vollero, oltre che come residenza estiva, quale struttura destinata all’allevamento di pregiate razze equine e nella produzione (e commercializzazione) di prodotti agricoli e caseari. Nel 1920 gli immobili e l'arredamento passarono dal demanio all'Opera Nazionale Combattenti e i 2.070 ettari della tenuta furono lottizzati e venduti. Rimasero esclusi il fabbricato centrale e i 15 ettari circostanti, disposti a ventaglio sui lati ovest, nord ed est del medesimo complesso, che nel secondo dopoguerra entrarono a far parte del patrimonio del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno Occupato, nel 1943, dalle truppe tedesche e poi da quelle americane, il complesso architettonico, dopo un lungo periodo di abbandono e di conseguente degrado, dal dicembre del 2014. è passato in gestione al Polo museale della Campania, cui si deve una graduale riqualificazione delle sale e degli affreschi che le adornano, il cui pregio artistico e cromatico (pazientemente studiato e ricostruito dallo storico dell’Arte Maria Carmela Masi) richiama alla memoria i fasti della augusta residenza, non a caso definita "Reale Delizia" perché, nonostante la sua funzione di azienda, offriva una gradevole permanenza al re e alla sua corte per le piacevoli battute di caccia nella fitta boscaglia, un tempo 

ricca di selvaggina.. Costruito dall'architetto Francesco Collecini, allievo di Luigi Vanvitelli, il fabbricato sorge su un’ area , formata, per parte, da una pista in terra battuta che richiama la forma dei circhi romani, abbellita con fontane, obelischi ed un tempietto circolare dalle forme classicheggianti. Dal 2011 al 2013, la Reggia è stata sorvegliata a titolo volontario da Tommaso Cestrone, che più volte aveva cercato di attirare l'attenzione della politica per il recupero del complesso architettonico, nel quale ha trovato la morte, colto da infarto, la notte della vigilia di Natale del 2013. Nel gennaio del 2014, il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Massimo Bray ha firmato un accordo preliminare con la Società Gestione Attività, (che ha acquisito i crediti del Banco di Napoli),per la cessione del complesso edilizio al ministero stesso. La Reggia è stata riaperta al pubblico l’8 gennaio 2017 e sarà visitabile gratuitamente fino al prossimo mese di marzo. E’ in occasione di tale riapertura che il 18 febbraio u.s., a seguito di prenotazione, con un gruppo di turisti provenienti da più parti d’Italia, abbiamo avuto l’opportunità di godere della visita di questo mirabile sito, accompagnati dalle colte illustrazioni di una giovane guida appartenente all’equipe designata dalla Regione Campania, cui va il plauso riconoscente di quanti hanno a cuore la storia del nostro territorio ed i monumenti che ne costituiscono eterna testimonianza.



DANTE, L’AMICIZIA E L’AMORE

Omaggio all’Alighieri “minore”

Aperte nei giorni scorsi a Ravenna, con la lettura del canto XXXIII del Paradiso da parte dell’attore Remo Germano,  le celebrazioni in onore di Dante Alighieri si dispiegheranno fino all’autunno di questo anno 2021, e precisamente  fino a domenica 12 settembre, allorchè  si terrrà  il concerto diretto dal  Maestro Riccardo Muti, sempre a Ravenna, città  che custodisce la tomba dell’Autore della sublime Divina Commedia.

         C’è, però, un Dante  per così dire  “minore”,  ossia  meno impegnato sul piano  storico, politico e religioso, del quale  ci piace ricordare i versi, parimenti meritevoli di essere esplorati per le fresche emozioni giovanili che ci regalano : è quello    della raccolta “Le Rime” scritta a poco più di vent’anni  per celebrare la più nobile delle pulsioni dell’animo umano, qual è l’amicizia,  saldamente legata al sentimento dell’amore.

       Emblematico, tra tutti, è il sonetto dedicato al fondatore   dello “Stilnovismo  Guido Cavalcanti  del quale Dante evoca il nome nell’incipit della rima, associandolo all’altro grande amico, Lapo Gianni:

 Guido, io vorrei che tu, l’Apo ed Io /

 fossimo presi per incantamento /

e messi in un vasèl che ad ogni vento /

per mare andasse al voler vostro e mio /

sì che fortuna ed altro tempo rio /

non ci potesse dare impedimento…

     La lirica descrive  il  sogno di una serena crociera che il Poeta  non si limita ad immaginare con  la sola compagnia dei suoi amici più cari.

    Ad essi associa, infatti, le donne amate (monna Vanna, per Guido e monna Lagia per Lapo) in compresenza con la sua Beatrice, insieme alle quali

 “ragionar sempre d’amore”.

E’ singolare notare che, mentre , riferendosi alle innamorate di Guido e di Lapo, Dante ne rivela apertamente  i  nomi di battesimo, allorchè allude a Beatrice, ricorre ad  uno stratagemma tipicamente giovanile, lasciandone indovinare l’identità con una  perifrasi dal sapore quasi ermetico, indicandola, cioè, come  “quella ch’è sul numer de le trenta”: espressione dal sapore scopertamente goliardico,  quale era l’elenco    delle trenta donne  più belle di Firenze, nel quale Beatrice    occupava il nono posto !

 

       Si tratta, come si vede, di un modo di poetare che potremmo definire quasi scanzonato, ma non per  questo meno profondo sotto l’aspetto culturale, se è vero che – come è stato osservato da uno dei più autorevoli esegeti dell’opera dantesca quale Gianfranco Contini, curatore di un commento delle Rime edito nel 1939 –  nell’espressione  centrale del sonetto ( allorchè  Dante immagina di ”vivere sempre in un talento e in un desìo”) è riconoscibile il concetto ciceroniano del “De amicitia”, rappresentato dall’ ”ldem velle  atque idem nolle”. Si tratta – com’è evidente – della inscindibile fusione che costituisce la base del vincolo dell’amicizia e dell’amore che ritroviamo nei versi degli autori di tutto il mondo tra cui ci piace ricordare quelli  della Poetessa polacca Wislawa Szymbroska (Premio Nobel per la Letteratura  1996) che conclude  un suo carme giovanile con   il seguente interrogativo: “ Sai che l’amicizia va concreata come l’amore?”, evocando , con ciò stesso, le vibrazioni sentimentali del Sommo Poeta fiorentino, a dimostrazione della universalità del verso dantesco  che ha travalicato i confini del nostro Paese, non solo con la sua Commedia, ma anche con la ”superba collezione di extravaganti”, come sono state definite le Rime dal critico De Robertis, nel confrontare la  libertà sistematica  di queste “poesie dell’interiorità rispetto alla uniformità aggregante dell’ altra pregevole opera dantesca, quale il “Convivio”.